I bambini non sono pazienti. L’ospedale dei bambini

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Orientamenti progettuali per la realizzazione del nuovo polo pediatrico fiorentino.

Preceduto dal Convegno ‘L’Ospedale dei Bambini: i bambini non sono pazienti’ la FM, ha condotto in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Meyer, uno studio pre-progettuale per la realizzazione del nuovo polo pediatrico, come sistema integrato di indicatori funzionali all’esecuzione del progetto.

Uno studio preprogettuale
Il trasferimento di sede di un ospedale pediatrico da un complesso ad un altro, da un’area all’altra della città, non rappresenta un semplice spostamento di funzioni, ma una occasione di ripensamento del ruolo e dei servizi offerti e può essere occasione di importanti innovazioni. L’ospedale è architettura e non solo involucro funzionale: è quindi rappresentazione fisica di una data civiltà, in questo caso della cultura dei rapporti con l’infanzia.
Il contributo di ricerca che l’azienda ospedaliera Meyer ha chiesto alla Fondazione Michelucci – e di cui presentiamo qui una sintesi – non ha la pretesa di fornire indicazioni generali, ma uno studio mirato al rapporto spazi ospedalieri-bambini.
Una scelta di campo da cui elaborare un sistema integrato di indicatori che possa funzionare come riferimento per la nascita del progetto, come contributo alla ricerca di qualità della progettazione degli spazi per la sanità. L’esigenza di rendere la condizione di degenza il meno possibile traumatica, non è infatti solo un problema di qualche sala colorata, giochi e verde.
Per il bambino l’ospedale è come un «fuori scala» incontrato nella propria avventura, dove la predisposizione di spazi, i ritmi e le abitudini sedimentate di vita ospedaliera, le apparecchiature tecnico-sanitarie sono tali che straniamento e decontestualizzazione tendono spesso a ridurre l’identità del malato con la malattia stessa.
Per il bambino l’ospedale tende a configurarsi come un grembo costretto, un reticolo astratto di funzioni specializzate, gerarchizzato e funzionale, una struttura verticale che entra asimmetricamente nella vita squilibrando la costellazione sociale di riferimento, i rapporti con i familiari e i contatti sociali.
La capacità dei bambini di far coesistere la propria attività, la propria personalità con la terapia, di addomesticare il complesso sanitario, è la chiave di partenza per trasformare un luogo dove la malattia e la cura sono i soli protagonisti in un luogo – l’ospedale dedicato – dove l’intensità della vita commuta ed interscambia gli spazi.
L’ospedale pediatrico esce dagli schemi classici e consolidati che caratterizzano ancora oggi qualunque tipo di degenza ospedaliera per almeno quattro motivi:
– la specificità degli utenti (bambini, adolescenti ma anche giovani in cura dalla prima infanzia);
– la specificità che assume la presenza dei genitori, degli educatori e di altre persone affettivamente coinvolte;
– la specificità del personale medico e paramedico;
– la specificità degli spazi, degli ambienti, dell’habitat complessivo, che ha requisiti non solo tecnici ma di tipo architettonico-spaziale particolari poiché partecipano fortemente al processo terapeutico.
La costruzione sintetica della forma non può derivare infatti solo dalla interpretazione della sistematicità neutrale dell’informazione funzionale e normativa che ha consolidato nella progettazione ospedaliera tipi codificati, modelli distributivi e costruttivi predefiniti.


Allegati:
locandina.pdf
rapporto_ricerca_meyer.pdf

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