GIOVANNI MICHELUCCI

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L'architetto Giovanni Michelucci, grande protagonista della storia e del dibattito dell’architettura italiana del ventesimo secolo, ha segnato le prime esperienze del moderno con la stazione ferroviaria di Firenze (1932), passando per il grande momento di ripensamento disciplinare con i progetti per la ricostruzione di Firenze del secondo dopoguerra, rinnovandosi ancora con il ciclo delle architetture religiose degli anni sessanta e settanta culminato con la Chiesa dell’Autostrada, sino alla straordinaria vitalità degli ultimi progetti, quali il Giardino degli Incontri al carcere di Sollicciano a Firenze e il complesso teatrale per la città di Olbia.



Giovanni Michelucci

Giovanni Michelucci nasce a Pistoia il 2 gennaio 1891 da Bartolommeo e Ida Borri.

La famiglia era proprietaria di una qualificata officina per la lavorazione artigianale e artistica del ferro fondata nel 1864 dal nonno Giuseppe, le Officine Michelucci, teatro delle sue prime esperienze di vita e di modellazione della materia.

Dopo gli studi all’Istituto Superiore di Architettura di Firenze e le esperienze professionali e artistiche nella provincia toscana, si trasferisce a Roma dove conosce la sua futura moglie Eloisa Pacini (1927) , insegna al corso di architettura del Regio Istituto Tecnico Industriale e ottiene i suoi primi successi professionali.

I riconoscimenti ottenuti lo accreditano come una voce originale e autonoma nel dibattito dell’architettura italiana, animato dal confronto tra la giovane generazione dei razionalisti e la cultura accademica nazionale.

Gli anni romani con  la progettazione di due Istituti per la Città universitaria e la vittoria al Concorso per il nuovo fabbricato della Stazione di Firenze nel 1932, ottenuta col Gruppo Toscano, sanciscono il ruolo di Michelucci nel rinnovamento dell’architettura italiana.

La ricostruzione del paese dopo le distruzioni belliche lo vedrà tra i protagonisti del dibattito architettonico sia attraverso la rivista “La nuova città”, da lui fondata alla fine del 1945, che attraverso l’esemplarità delle sue proposte e dei suoi interventi  nel centro distrutto di Firenze.

Divenuto preside della Facoltà di architettura di Firenze, dopo la Liberazione, sarà propugnatore di un profondo rinnovamento disciplinare dell’architettura e dell’urbanistica e del ruolo della Facoltà rispetto ai problemi della città, di cui sarà manifesto la lettera scritta agli studenti e ai docenti della Facoltà a titolo “La felicità dell’architetto”.

Nel 1948 si trasferisce alla Facoltà d’ingegneria di Bologna e negli anni cinquanta e sessanta prosegue la sua personale rivoluzione architettonica attraverso il ciclo delle chiese, culminato con la chiesa dell’Autostrada e quella di Longarone, e numerose altre opere pubbliche e private.

Gli anni Settanta e Ottanta lo vedono ancora protagonista della complessità di eventi, trasformazioni, idee che animarono quegli anni e che Michelucci traduce oltre che nei nuovi progetti anche nella costituzione di una Fondazione attenta alla complessità delle questioni sociali e dei problemi urbani.

Il progetto per il nuovo ospedale di Sarzana e quello per il Giardino degli Incontri al carcere di Sollicciano a Firenze delimitano la straordinaria vitalità dell’ultimo Michelucci, entusiasta e infaticabile, anticonformista e innovatore.

Dopo “una vita lunga un secolo” muore la notte del 31 dicembre del 1990, due giorni prima il compimento del centesimo compleanno, nella casa-studio di Fiesole, sede della Fondazione da lui costituita nel 1982.

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