Carta della Progettazione interculturale

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Orientamenti per l’inserimento abitativo e urbano degli immigrati

La carta della Progettazione interculturale è stata redatta all’interno dei lavori del campus internazionale ‘Le culture dell’abitare’, organizzato nel 2000 dalla Fondazione Michelucci nell’ambito del progetto regionale ‘Portofranco. Toscana dei popoli e delle culture’.

La discussione interna al gruppo dei partecipanti ha avuto momenti collettivi e fasi di lavoro di gruppo. I gruppi di lavoro hanno prodotto contributi tematici che sono stati riorganizzati nella ‘Carta delle progettazione interculturale’, una serie di orientamenti rivolti in particolare agli interventi della pubblica amministrazione in materia di inserimento ed integrazione urbana degli immigrati, per il superamento di condotte improntate da una inferiorizzazione della condizione abitativa degli immigrati.
Uno dei dubbi che ha attraversato continuamente le discussioni ha riguardato la destinazione del documento che andavamo a produrre.
Molti di noi, fondamentalmente scettici sul reale valore di una carta di principi rispetto alla multiforme ed ineffabile realtà delle trasformazioni urbane ed umane, ritenevano che il valore dell’esperienza fosse necessariamente nel confronto e nella reciproca contaminazione da noi vissuta: alcune decine di ‘operatori del settore’, messi in condizione per tre settimane di discutere, condividere e rivalutare collettivamente i propri vissuti e le proprie elaborazioni teoriche rispetto alla città multiculturale. Una naturale diffidenza verso le ricette e le metodologie date sembrava accomunare molti di noi partecipanti, allo stesso modo in cui grande soddisfazione e fiducia ci derivava dallo scoprire tante comuni inclinazioni, curiosità ed esperienze condivise. Quasi inaspettatamente, però, anche molti tra i relatori hanno implicitamente rivelato e legittimato un approccio critico verso le metodologie disciplinari e ‘cartesiane’: quasi tutti i contributi presentati hanno sottolineato l’importanza del vissuto, delle pratiche, l’implicito valore costruttivo e propositivo delle nuove popolazioni e del loro agire, l’inutilità di applicare regole e dispositivi precostituiti a situazioni ogni volta specifiche e irripetibili. Dalla pungente demolizione dell’ottusità dell’urbanistica, incapace rispetto alla inesauribile vivacità delle pratiche abitative dell’uomo, espressa da Franco La Cecla; all’incontenibile riserva di esperienze ‘au quotidién’ portata da Nino Bogazzi; alla necessità di legare al territorio e alle comunità locali progetti che attraversino gli ambiti disciplinari, propugnata da Claude Jacquier: ovunque è stata sottolineata la necessità di interrogare gli uomini e ascoltare i luoghi, di predisporsi a lunghi viaggi di piccoli passi, di ‘violentare la burocrazia’, di ricondurre il discorso al confronto diretto. Per questo motivo, interrogandoci sull’uso dello strumento offerto da una ‘carta’ affannosamente composta nel corso di un’overdose di discussioni e scambi di informazioni, ci è apparso necessario non considerarla che uno spunto iniziale, una base su cui confrontarci per un cammino successivo.
Dove all’elaborazione teorica corrisponda una verifica pratica e contestuale, su tutti i piani in cui essa poteva essere personalmente portata: dai ‘laboratori di quartiere’ all’azione associazionistica, dalla ricerca universitaria agli uffici comunali, dai gruppi autoorganizzati alle strutture regionali. Un simile proposito evidenzia un paradosso che emerge dalla complessità della società contemporanea: tanto più gli strumenti di lettura della realtà diventano efficaci nel restituire le specificità e le ricchezze della diversità, tanto più diventano essi stessi specifici e settoriali, addirittura elitari, costituendosi in linguaggi a sé stanti, retti da verifiche interne. Il che cozza con la pretesa di partecipazione e di condivisione che l’approccio multiculturale esige. Pensare lo spazio per una società multietnica e multiculturale diventa sostanzialmente dedicarsi a un lavoro di traduzione costante, di linguaggi in lingue, di bisogni in voci, di voci in dialoghi, di identità in luoghi.
NS


Allegati:
_A_Carta.pdf

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